Frasi del film Psyco


Le più belle e celebri frasi del film "Psyco", film thriller horror del 1960 con Janet Leigh ed Anthony Perkins.

«È categoricamente proibito entrare in sala dopo l'inizio del film.»
(Tagline del film)

Titolo Originale:
"Psyco" (1960)
Genere: Film horror
Regia di: Alfred Hitchcock
Protagonisti: Janet Leigh, Anthony Perkins, Vera Miles

Trama breve:
Una segretaria di Phoenix ruba 40.000 $ a un ricco cliente del suo datore di lavoro, poi si da alla fuga con l'intento di raggiungere il suo amore Sam ma, una tempeste gli impedisce di proseguire il viaggio. Prende alloggio in un motel gestito da un giovane che è comandato a bacchetta da sua madre.
(Scheda completa)


Frasi celebri

Le emicranie sono come i buoni propositi, ci se ne dimentica appena il male è passato. (Marion)

Il miglior amico di un ragazzo è la propria madre. (Norman)

Mia madre è innocua come gli uccelli impagliati...(Norman)

Un hobby serve a passare il tempo, non a riempirlo.

Ma se quella vecchia è la signora Bates, chi è sepolto nel cimitero di Greenlown? (Lo sceriffo Al Chambers)

Noi invece siamo sempre pronti a sospettare della gente che ha fama di essere onesta. (Milton Arbogast)

È doloroso che una madre debba pronunciare parole che condannano il proprio figlio, ma non posso permettere che loro mi credano capace di commettere un assassinio. Ora lo rinchiuderanno come avrei dovuto fare io quando era bambino. È sempre stato cattivo e ora aveva intenzione di dire che ero stata io ad uccidere quelle ragazze e quell'uomo, come se io potessi fare un'altra cosa all'infuori di star seduta immobile e guardar fisso come uno di quei suoi uccellacci impagliati. Loro sanno che io non posso alzare neppure un dito... e non mi muoverò! Me ne starò seduta qui tranquilla, nel caso che loro sospettassero di me. Probabilmente ora mi stanno sorvegliando, ma lasciamoli fare. Farò vedere loro che specie di persona sono. Non scaccerò nemmeno quella mosca. Spero che mi stiano osservando, così vedranno. Vedranno e sapranno. E diranno a tutti: "Ma se lei non farebbe male neppure ad una mosca!" (Norman) [la personalità della madre ha preso il sopravvento]


Dialoghi

  • Tom Cassidy: Compro questa casa come regalo di nozze per la mia bambina: 40.000 dollari in contanti. Oh, naturalmente con questo non si compra la felicità: si tiene lontana l'infelicità, però... Non porto mai con me più di quanto possa permettermi di perdere.
    Marion: Ma quanto dichiarate di reddito?
    Tom Cassidy: Niente: è per questo che ce ne ho tanti.
  • Norman: Voi... dovete mangiare quanto... un uccellino.
    Marion: (guardando gli uccelli impagliati appesi alle pareti) E voi ve ne intendete, vedo.
    Norman: Ah no, non molto. Comunque... l'espressione mangiare quanto un uccellino è una grossa fa... fan... fandonia. Perché gli uccelli in realtà mangiano moltissimo. Ma ... io in fondo non so nulla sugli uccelli. Il mio hobby è impagliare animali... la tassidermia insomma. Se qui vedete solo degli uccelli imbalsamati è perché io non sopporto la vista delle altre bestie impagliate... Voglio dire le volpi, le faine... C'è chi impaglia perfino i cani e i gatti ma io... non ci riuscirei mai. Io, io credo che solo gli uccelli stiano bene impagliati perché... perché sono molto decorativi. Non vi pare?
    Marion: È uno strano hobby... curioso.
    Norman: Insolito anche.
    Marion: Oh sì, senz'altro.
    Norman: E non è dispendioso come si pensa. È economico anzi... sapete aghi, filo, segatura... le sostanze chimiche sono l'unica cosa che costi un po'.
    Marion: Un uomo deve avere un hobby.
    Norman: Beh... è più di un hobby. Un hobby serve solo a far passare il tempo. Non a riempirlo.
    Marion: La vostra vita è così vuota?
    Norman: No... dirigo l'ufficio e... faccio pulizia nelle camere, eseguo gli incarichi di mia madre... quelli che lei ammette io sia capace di eseguire.
    Marion: Non uscite mai con qualche amico?
    Norman: II miglior amico è la propria madre. (Osservandola) Voi non avete mai avuto un momento vuoto in tutta la vostra vita?
    Marion: Oh sì, la mia parte.
    Norman: Dove siete diretta? (Pausa) Non volevo essere indiscreto.
    Marion: Sto cercando una mia isola del sogno.
    Norman: A che cosa volete sfuggire?
    Marion: Perché questa domanda?
    Norman: No, non si può sfuggire a niente. (Guardando fuori) È tornato il sereno. Sapete cosa penso? Che ognuno di noi... è... stretto nella propria trappola. Avvinghiato. E nessuno riesce mai a liberarsene. E... mordiamo, e... e graffiamo ma... solo l'aria, solo il nostro vicino... e con tutti i nostri sforzi non ci spostiamo di un millimetro.
    Marion: A volte ci gettiamo deliberatamente nella trappola.
    Norman: Io ci sono nato nella mia, non me ne importa più niente ormai.
    Marion: Oh, ma non è giusto. Dovrebbe importarvi...
    Norman: Oh, è così ma... non dico il contrario...
    Marion: Sapete, se qualcuno mi avesse parlato nel modo che ho sentito... nel modo come vostra madre vi ha parlato...
    Norman: Certe volte, quando mi tratta così, avrei voglia di tornare su da lei e... maledirla e lasciarla per sempre... o almeno risponderle a tono. (Pausa) Ma so che non posso. È malata.
    Marion: A sentirla non si direbbe.
  • Norman: Voglio dire, malata di nervi. Ha dovuto allevarmi da sola dopo la morte di mio padre. Io avevo soltanto cinque anni e questo l'ha logorata molto. Non che sia stata costretta a cercarsi un lavoro perché mio padre ci aveva lasciato un po' di soldi... comunque, qualche anno fa, mia madre incontrò un uomo e lui la convinse a costruire questo motel. Lei non viveva che per quell'uomo e... quando lui morì, fu un colpo troppo forte... anche... anche per il modo in cui morì. (Ride) Non credo che sia la cosa migliore di cui parlare mentre uno mangia. Comunque fu una perdita irreparabile per lei. Non le restava più niente...
    Marion: Tranne voi.
    Norman: Un figlio non può sostituire un amante.
    Marion: Perché non ve ne andate da qui?
    Norman: Alla ricerca di un'isola come voi?
    Marion: No, non come me.
    Norman: Io devo stare qui. Chi la curerebbe, se me ne andassi? Rimarrebbe sola, lo so. Si spegnerebbe il fuoco, sarebbe freddo e umido come una tomba. Quando si ama qualcuno, non si può lasciare anche se si rende odioso. Capitemi, io non odio lei. Odio ciò che l'ha fatta. diventare così. La sua malattia.
    Marion: Non sarebbe meglio se la metteste... in qualche posto?
    Norman: Volete dire in una clinica... in un manicomio?... Vi impressiona meno chiamarlo "qualche posto", vero? Mettetela in qualche posto.
    Marion: Scusatemi. Non credevo di dir niente di male.
    Norman: Che ne sapete voi di certe cose? Avete mai visto l'interno di un manicomio? Le risate, le lacrime... e gli sguardi allucinati che vi scrutano? Mia madre là dentro? Ma lei è innocua... è innocua come uno di quegli uccelli impagliati.
    Marion: Scusatemi, ma... avevo l'impressione che... vi fosse di peso. Parlavo per il vostro bene.
    Norman: Tutti parlano per il mio bene. Vengono qua con la faccia contrita (adirandosi) e consigliano... oh, con tanta delicatezza... sì, lo so che sarebbe una soluzione, ma il solo pensiero mi angoscia. Non la posso lasciare. Non è come se fosse una maniaca... una... pazza furiosa. Solo, qualche volta perde un po' la testa. (Alterandosi) Tutti qualche volta perdiamo un po' la testa. (Sorride) A voi non è mai capitato?
    Marion: Sì, e in certi casi una sola volta può bastare. Io lo so.
    Norman: (Sorride) Lo so... Norman.
    Marion: (Sorridendo) Norman. (Si alza in piedi per andar via)
    Norman: Oh, ma non... non volete già andare a dormire, vero?
    Marion: Sono molto stanca. E devo guidare tutto il giorno domani. Devo tornare a Phoenix.
    Norman: Davvero?
    Marion: Sono andata a ficcarmi in una brutta trappola. E voglio tornare laggiù... per vedere se trovo il modo di uscirne. Prima che sia troppo tardi.

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